La sentenza della Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) sul caso del supermercato spagnolo, ha giustificato la decisione di un datore di far installare alcune telecamere a circuito chiuso visibili e non senza preavvisare i dipendenti. La notizia giunge da IlSole24Ore” e vede protagonista un supermercato spagnolo in provincia di Barcellona. Nel 2009 il titolare rilevò alcune irregolarità tra stock di magazzino e vendite, sopratutto un’importante perdita degli incassi (circa 82mila euro) negli ultimi cinque mesi. Per questo motivo decise di far installare una serie di telecamere a circuito chiuso, sia visibili (alle uscite del negozio) che nascoste (direzionate sulle casse). Le registrazioni fecero emergere diversi furti di merce da parte del personale con conseguente ”licenziamento per motivi disciplinari” di 14 persone tra cassieri e addetti alle vendite.

Nonostante i licenziamenti furono considerati legittimi dai tribunali nazionali, cinque ex dipendenti decisero di presentar ricorso presso la Corte di Strasburgo. Richiesero di censurare le conclusioni della giustizia spagnola riconoscendo la violazione dell’articolo 8 del Cedu a rispetto della vita privata e familiare, dove si prevede l’obbligo di informare i dipendenti preventivamente dell’installazione di un sistema di videosorveglianza.

Il responso dalla Grand Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo ha però ”ribaltato” il giudizio di primo grado, in quanto ha giudicato lecito il comportamento del titolare nei confronti degli ex dipendenti.

Un datore di lavoro può installare telecamere nascoste senza avvertire i propri dipendenti qualora abbia il fondato sospetto che questi lo stiano derubando e che le perdite subite a causa loro siano ingenti.

I giudici spagnoli hanno tenuto conto anche di fattori chiave sulle modalità e i tempi della videosorveglianza, come la sua breve durata (10 giorni), la scarsa estensione dell’area sorvegliata, limitata alla zona casse e il numero limitato delle persone messe a conoscenza dei video. Per la Cedu, il livello di privacy che un dipendente può legittimamente attendersi dipende anche dalla posizione:

 

  • Molto elevato in luoghi privati (servizi igienici o guardaroba), dove é divieto assoluto di videosorveglianza
  • Elevato in spazi di lavoro ristretti come uffici, dove può essere giustificato.
  • Inferiore, negli spazi di lavoro visibili o accessibili a colleghi o al pubblico.

Ma sono tutti d’accordo?

Per i giudici della Corte Europea, i colleghi spagnoli chiamati a valutare la legittimità dei licenziamenti hanno attentamente analizzato i diritti dei dipendenti sospettati di furto e quelli del datore di lavoro, e anch’essi ritengono giustificata la mancata notifica preventiva della sorveglianza in quanto persiste una grave colpa dei cassieri per l’entità della perdita economica subita dal supermercato a causa dei furti. La linea della Cedu è condivisa anche dal Garante italiano della Privacy, che da una parte giustifica, nel caso di specie, le telecamere nascoste, dall’altra conferma però il principio di proporzionalità come requisito essenziale di legittimazione dei controlli in ambito lavorativo. Per il via libera alla videosorveglianza ”segreta” la Corte di Strasburgo ha accertato una serie di presupposti, fondati e ragionevoli, sui furti commessi dai lavoratori e il danno ingente subito dal datore di lavoro. Commenta così il Garante Antonello Soro, Presidente dell´Autorità Garante dal 19 giugno 2012: la videosorveglianza occulta è dunque, ammessa solo in quanto extrema ratio,con modalità spazio-temporali tali da limitare al massimo l’incidenza del controllo sul lavoratore, e non può in nessun caso diventare una prassi ordinaria. Il requisito essenziale perché i controlli sul lavoro siano legittimi, resta dunque, per la Corte, la loro rigorosa proporzionalità e non eccedenza, che si confermano ancora una volta i capisaldi della protezione dei dati personali.