I casi di infedeltà coniugale non tramontano mai, le migliaia di coppie che si ritrovano in questa situazione ricorrono a qualsiasi mezzo per risolvere il proprio caso. Nella maggiore dei casi, si affidano ad agenzie investigative in grado di procurare prove concrete dell’infedeltà del proprio partner. Oggi quasi tutti gli investigatori privati oltre al classico pedinamento con scatto fotografico, sfruttano le tecnologie in commercio come localizzatori GPS e in alcuni casi anche microfoni occulti. Ci si domanda spesso quali siano i vincoli e le norme che tutelano la privacy del soggetto per questo tipo di indagini, oggi menzioniamo un caso reale tratto dal Sole24Ore, grazie a questo articolo potremo analizzare e capire meglio cosa permette di fare la legge in merito a questo tipo di investigazioni.

L’indagine vede una moglie sospettosa di tradimento da parte del proprio marito, il dubbio la spinge ad affidarsi ad un’agenzia investigativa per dar una risposta alle sue domande. L’agenzia commissionata dalla donna ha affidato il caso ad uno dei suoi detective, autorizzando l’utilizzo di un GPS ed una cimice” per cogliere eventuali prove d’infedeltà.

Il caso é giunto a giudizio della Cassazione con sentenza 33499, nel quale era riportata una condanna in primo grado ed in appello sia per il titolare dell’agenzia che per il detective incaricato, in quanto attraverso i loro servizi avrebbero riferito alla sospettosa signora i contenuti dei dialoghi “rubati”.

Inizialmente i due accusati hanno negato ai giudici di aver installato nell’auto il GPS e la microspia, specificando che il rapporto riferito alla cliente per telefono era inventato. Ovviamente la storia poco credibile ha portato il caso ad uno studio più approfondito e alla ricerca di un chiarimento in merito all’uso lecito o non di queste attrezzature in determinate circostanze. L’azione contestata ai detective non rientrerebbe nel raggio d’azione dell’articolo 617-bis , che vieta di intercettare le comunicazioni tra terzi. Tanto meno i ricorrenti potevano essere accusati per il reato di interferenze illecita nella vita privata (articolo 615-bis) perché è procedibile solo se la parte offesa sporge querela cosa che il marito, benché oggetto di tanta attenzione, non ha fatto. I giudici hanno stabilito la cancellazione con rinvio per la condanna del titolare dell’agenzia e per il suo aiutante accusato di concorso nel reato di installazione abusiva di apparecchiature per intercettare conversazioni, previsto dall’articolo 617-bis del Codice penale.

Per la Cassazione la tesi è corretta in quanto: l’articolo 617-bis garantisce «una tutela anticipata alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche intercorrenti tra soggetti terzi». Garanzie che sono state anche ampliate dall’articolo 623-bis in considerazione dello sviluppo sempre maggiore dei mezzi tecnologici che ha esteso l’ambito di operatività della norma a «qualunque altra trasmissione a distanza di suoni immagini o altri dati». Un potenziamento della protezione che resta comunque limitato alle comunicazioni “a distanza”. E tra queste non si possono includere le conversazioni tra presenti, oggetto delle intercettazioni ambientali. Non vi é condanna neanche se si considera una implicita riqualificazione del reato come interferenza illecita nella vita privata.

Il verdetto non é molto rassicurante per chi ha ”l’abitudine” di compiere queste scappatelle extraconiugali, in quanto risulta lecita l’installazione in un’auto di una microspia che registra solo le parole dette da chi sta all’interno del veicolo.

Danilo Conti